I draghi di Bezerra sul Kiosco Teatral

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El Kiosco Teatral, la rivista digitale della Asociación de Autores de Teatro pubblica una bella recensione (in italiano e in spagnolo) di Il signor Ye ama i draghi di Paco Bezerra, tradotto da Marta Graziani per i Dragomanni.

La recensione, “La divina commedia di Bezerra”, è firmata dalla regista / attrice / autrice Isabella Carloni e compare, all’interno della sezione “Leer teatro”, nello spazio dedicato alle opere spagnole tradotte in altre lingue, che si chiama “De fuera vendrá”.

n°7 De fuera vendrá. Traducciones y teatro extranjero

La divina commedia di Bezerra

Isabella Carloni
Attrice, autrice e regista

BEZERRA, Paco
Il signor Ye ama i draghi
Trad. Marta Graziani
2015 Ed. Dragomanni (Teatro).
e-book ISBN: 9786050366808.

Immaginate che a compiere un viaggio all’inferno, anziché il nostro divino poeta sia la signora Magdalena, non più giovane, pettinata come la regina Elisabetta, e rallentata nel passo non tanto dall’età, ma da una prigione trasparente di pregiudizi e diffidenza, che la muove come un insetto in un vaso.

Immaginate poi che il suo Virgilio, anziché la guida dantesca che si ferma sulle soglie del Paradiso, sia un’intraprendente diciottenne cinese, Xiaomei, che condurrà Magdalena di fronte a ciò che non osa guardare.

Immaginate infine che la selva oscura sia lo scantinato di un condominio, dove in un’inquietante oscurità galleggiano non detti, paure e pregiudizi di una società – la nostra – che si è tappata gli occhi per non vedere.

Nonostante questo sforzo d’immaginazione non sarete che all’inizio del viaggio, perché il testo del giovane drammaturgo spagnolo Paco Bezerra, tradotto da Marta Graziani per gli e-book dei Dragomanni, è un continuo spiazzamento e un crescendo di suspense.

Già a partire dal titolo, Il signor Ye ama i draghi: vi aspettereste una storia fantastica e fiabesca, vi trovate invece di fronte a un thriller quasi beckettiano, dal linguaggio asciutto e colloquiale, anche se non privo di rimandi simbolici e tanto preciso nella meccanica descrizione della vicenda da sezionare le azioni e diventare quasi inumano.

Anziché capitoli e scene incontrate una struttura verticale, dichiaratamente simile a quella del poema dantesco: Inferno, Purgatorio e Paradiso.

Ma appena il tempo di rilassarsi (si fa per dire), credendo di aver trovato dei punti fermi come riferimento, che subito ci si ritrova completamente sottosopra, come al Luna Park: in Paradiso va via la luce e il premio della salita sarà una nuova discesa.

La vicenda prende il via dalla decisione di Magdalena di scoprire chi sia l’ombra che per due volte ha incrociato nell’androne del suo palazzo: pur irretita da diffidenza e pregiudizi Magdalena scende nel sotterraneo, sospettando loschi traffici dei cinesi che vivono nel sottoscala.

Qui incontrerà il mondo di Xiaomei, una determinata diciottenne cinese, nata in Spagna e perfettamente a suo agio con la lingua del posto, e di sua madre, la simpatica signora Wang, che invece non capisce una parola di spagnolo.

Il condominio-alveare, anch’esso piramidale e dantesco, assorbe tutto lo spazio dell’azione, con rare e impotenti fughe degli abitanti verso l’esterno. Lo sguardo radiografico di Bezerra, che vi entra come una telecamera, è impietoso e leggero nello stesso tempo. Non spinge il bisturi contro la signora del decimo piano e la sua amica del quinto, la signora Amparo, ma concede loro, nell’appartamento di quest’ultima, la propria chance di Purgatorio: una sospensione di giudizio, da cui non sapranno però trarre vantaggio.

Il lontano ronzio di uno sciame di calabroni o di sonagli sarà l’annuncio di un’insostenibile rivelazione.

È un faccia a faccia col drago che l’autore ci propone: la prova di sempre per ogni eroe di fiaba, che è vera più della realtà, perché guarda oltre il visibile.

Qui l’eroe è forse la giovane Xiaomei: fiabe e parabole, proverbi e allegorie sono familiari alla sua cultura orientale, ma il suo linguaggio è diretto, talmente asciutto e pulito da risultare spiazzante, perfino enigmatico alla signora Magdalena e alla sua amica.

Forte di una tradizione che non rinnega, Xiaomei è mossa dal desiderio semplice di regalare una festa di compleanno a sua madre, con una tenerezza determinata e un rispetto per i più vecchi che le signore dei piani alti hanno completamente dimenticato.

E nonostante le sue taglienti reazioni e un certo mercanteggiare furbo e spicciolo la forza della cultura sapiente e concreta, incarnata dalla giovane cinese e da sua madre, illumina il grigiore, l’ambiguità e l’ipocrisia delle signore e muove la loro mortifera immobilità.

Il premio in palio non sarà però un’escatologica salvezza dell’anima, ma una tarda consapevolezza per alcuni e una resiliente sopravvivenza per altri.

La traduzione accurata e puntuale di Marta Graziani, grazie alla quale possiamo leggere l’ultimo lavoro di uno dei più interessanti e originali drammaturghi della nuova generazione spagnola, ne restituisce, dietro una rigorosa semplicità, tutta la profondità e pluralità di piani, restando fedele all’impatto asciutto e rituale dell’originale. E mostrando ancora una volta la profondità del lavoro di traduzione che, se fatto ad arte e con rigore, diventa una vera riscrittura e riscoperta dell’originale.

Con acutezza la traduttrice ricerca “il suono di fondo” dell’opera di Bezerra, rinvenendolo in quel silenzio immobile e opprimente che “traduce” e “tradisce” la sottile violenza che scorre sotto-testo, nel lento e preciso movimento di macchina o nel crescendo del montaggio cui il lettore è accompagnato, specie nelle minuziose didascalie.

È la violenza subdola e non detonante che riveste le nostre società globali, della comunicazione invadente dei nostri media, del rumore assordante delle nostre città, della bulimia d’immagini, dell’isolamento dei diversi, dei più deboli, degli stranieri, dell’universale richiamo consumistico. Una violenza silenziosa che traspare dal Notiziario del quinto piano, nell’atto intermedio del Purgatorio e si diffonde come nebbia, minacciando da fuori il condominio arroccato su sé stesso e riuscendo ad imporre solo rare, attonite e impotenti sospensioni di luce o scoppi devastanti.

A Paco Bezerra il merito di mostrarcela, nella forma asciutta e accattivante del dramma fantastico e di suggerire un rovesciamento di prospettiva che, forse, ci salverà, a patto di riuscire a guardare il drago primache sia troppo tardi. I segnali giungono da più parti, sembra ricordarci l’autore nella vicenda di Magdalena e Xiaomei, basta essere pronti a mutare prospettiva.

Un testo di teatro che si legge volentieri, come un racconto e che nello stesso tempo crea immediate visioni di messa in scena. Un’opera lucida e necessaria, di cui Marta Graziani con la sua traduzione, revisionata da Enrico Crucianelli, che vi aggiunge anche una interessante nota, ci regala una perfetta fruizione.

Accompagna la lettura del testo l’altrettanto preziosa traduzione in immagini creata dalle bellissime tavole illustrate di Nicola Montalboddi: allucinati chiaroscuri seppia, volti senza sguardi e prigioni di vetro, tra cui emerge l’inquietante insetto nel vaso.

Manca – inevitabilmente – all’apparato iconografico proprio la figura del drago che, come la protagonista, l’illustratore preferisce non far vedere.

Mi ha fatto pensare a Medusa, la Gorgone del mito, questo lavoro di Paco Bezerra. Anche l’Occidente ha i suoi miti parlanti, la sua saggezza lontana e i suoi sguardi orrorifici. Invece di nutrirsene e tornare a interrogarli nella loro semplice ricchezza, per apprendere nuove forme di convivenza, non esitiamo a imporli a chi è diverso, dimenticando le buone pratiche degli antichi dominatori romani. Questa miope violenza, sembra ammonirci Bezerra, non potrà che ritorcersi contro chi la impone.

È amara questa rivelazione dell’autore de Il signor Ye ama i draghi ma ci ricorda inesorabilmente che ci sono altri punti di vista. Sotto la lente della necessaria circolarità del tempo che l’Occidente ha relegato al mito, dimenticato e seppellito lungo la traiettoria di un progresso-freccia, tutto scorre e passa e la speranza ora è in mano alla piccola cinese Xiaomei.

La divina comedia de Bezerra

Isabella Carloni
Actriz, autora y directora

BEZERRA, Paco
Il signor Ye ama i draghi
Trad. Marta Graziani
2015 Ed. Dragomanni (Teatro).
e-book ISBN 9786050366808.

Imaginad que, en lugar de Dante, quien emprende un viaje al infierno sea la señora Magdalena, que ya dejó atrás su juventud, va peinada como la reina Isabel y cuyo paso es frenado no tanto por la edad como por una cárcel transparente de prejuicios y desconfianza, en la que se mueve como un insecto en un vaso.

Imaginad ahora que su Virgilio, en lugar de un guía que se detiene en los umbrales del Paraíso, sea una emprendedora china de dieciocho años, Xiaomei, que conducirá a Magdalena de frente a aquello que no se atreve a mirar.

Imaginad en fin que la selva oscura sea el sótano de un edificio, donde, en una inquietante oscuridad, flotan los miedos y prejuicios indecibles de una sociedad –la nuestra- que se ha tapado los ojos para no ver.

No obstante, este esfuerzo de imaginación no sería sino el inicio del viaje, porque el texto del joven dramaturgo español Paco Bezerra, traducido por Marta Graziani para los libros electrónicos de I Dragomanni, crea un continuo desasosiego y un crescendo de suspense.

Ya desde el título, El señor Ye ama los dragones, esperaríais una historia fantástica y fabulosa, y os encontráis en cambio con un thriller casi beckettiano, con un lenguaje austero y coloquial, aunque no exento de referencias simbólicas, y tan preciso en su mecánica descripción de los acontecimientos que disecciona las acciones y se hace casi inhumano.

En lugar de capítulos y escenas encontraréis una estructura vertical, expresamente similar a la del poema de Dante: Infierno, Purgatorio y Paraíso.

Pero cuando apenas hemos tenido tiempo para relajarnos (por decirlo así), creyendo haber encontrado puntos firmes de referencia, enseguida nos encontramos completamente al revés, como en una montaña rusa: en el Paraíso se va la luz y el premio de la subida será un nuevo descenso.

La peripecia emprende el camino con la decisión de Magdalena de descubrir de quién es la sombra con la que se ha cruzado dos veces en el portal de su edificio: a pesar de la desconfianza y los prejuicios, Magdalena desciende al subsuelo, sospechando un siniestro tráfico entre los chinos que viven en el sótano.

Allí encontrará el mundo de Xiaomei, una resuelta joven china de dieciocho años, nacida en España y que se maneja perfectamente en la lengua local; y de su madre, la simpática señora Wang, que en cambio no entiende ni una palabra de español.

El edificio-colmena, también piramidal y dantesco, absorbe todo el espacio de la acción, con raras e impotentes fugas de sus habitantes hacia el exterior. La mirada radiográfica de Bezerra, que entra en él como una videocámara, es compasiva y ligera al mismo tiempo. No empuña el bisturí contra la señora del décimo piso y su amiga del quinto, la señora Amparo, pero les concede, en el apartamento de esta, la oportunidad del Purgatorio: una suspensión del juicio, que sin embargo no sabrán aprovechar.

El lejano zumbido de un enjambre de abejorros o de cascabeles será el anuncio de una insostenible revelación.

Es un cara a cara con el dragón lo que el autor nos propone: la prueba de siempre para todo héroe de cuento, que es verdadera más allá de la realidad, porque mira más allá de lo visible.

Aquí el héroe es quizá la joven Xiaomei: fábulas y parábolas, proverbios y alegorías son familiares a su cultura oriental, pero su lenguaje es directo, tan seco y limpio que resulta desconcertante, incluso enigmático para la señora Magdalena y su amiga.

Desde una tradición de la que no reniega, a Xiaomei le mueve el simple deseo de ofrecerle una fiesta de cumpleaños a su madre, con una ternura decidida y un respeto por los más viejos que las señoras de los pisos superiores han olvidado completamente.

Y, no obstante, sus reacciones cortantes, cierta astucia de mercader y la fuerza de una cultura sabia y concreta, encarnada en la joven china y su madre, iluminan la grisura, la ambigüedad y la hipocresía de las señoras y remueve su mortífera inmovilidad.

El premio no será sin embargo una escatológica salvación del alma, sino una concienciación tardía para algunos y una supervivencia resiliente para otros.

La traducción fina y ajustada de Marta Graziani, gracias a la cual podemos leer el último trabajo de uno de los más interesantes y originales dramaturgos de la nueva generación española, restituye, dentro de una rigurosa simplicidad, toda la profundidad y pluralidad de planos, resultando fiel al impacto áspero y ritual del original. Y mostrando una vez más la profundidad del trabajo de la traducción que, si se hace con arte y rigor, resulta una verdadera reescritura y redescubrimiento del original.

Con agudeza la traductora investiga “el sonido de fondo” de la obra de Bezerra, encontrándolo en ese silencio inmóvil y opresivo que “traduce” y “traiciona” la sutil violencia que recorre el subtexto, en un lento y preciso movimiento de cámara o en el crescendo del montaje al que el lector es acompañado, en especial a través de las minuciosas acotaciones.

Y la violencia engañosa y contenida que reviste nuestra sociedad global, la comunicación invasiva de nuestros medios de comunicación, el ruido ensordecedor de nuestras ciudades, la bulimia de imágenes, el aislamiento de los diferentes, de los más débiles, de los extranjeros, del universal reclamo consumista. Una violencia silenciosa que trasluce el informativo del quinto piso, en el acto intermedio del Purgatorio, y que se difunde como la niebla, amenazando desde fuera el edificio enrocado sobre sí mismo y alcanzando a imponer solo raras, atónitas e impotentes suspensiones de luces o estallidos devastadores.

A Paco Bezerra el mérito de mostrárnosla, en la forma seca y cautivadora del drama fantástico, y de sugerir un giro en la perspectiva que, quizá, nos salvará, a condición de mirar el dragón antes de que sea demasiado tarde. Las señales llegan de otros lugares, parece recordarnos el autor en la peripecia de Magdalena y Xiaomei, y basta estar listos para cambiar de perspectiva.

Un texto teatral que se lee con gusto, como un cuento, y que al mismo tiempo crea visiones inmediatas de puesta en escena. Una obra lúcida y necesaria, de la cual Marta Graziani con su traducción, revisada por Enrico Crucianelli, que añade también una nota interesante, nos regala un disfrute perfecto.

Acompaña a la lectura del texto otra preciosa traducción en imágenes creada con las bellísimas ilustraciones de Nicola Montalboddi: alucinantes claroscuros en sepia, caras sin mirada y cárceles de cristal, tras las cuales emerge el inquietante insecto atrapado en el vaso.

Falta –es inevitable- en el aparato iconográfico la figura del dragón que, como la protagonista, el ilustrador prefiere no hacer ver.

Este trabajo de Paco Bezerra me ha hecho pensar en Medusa, la gorgona del mito. También Occidente tiene sus mitos parlantes, su sabiduría ancestral y sus miradas horripilantes. En lugar de nutrirnos en ellas y volver a interrogarlas en su sencilla riqueza para aprender nuevas formas de convivencia, no dudamos en imponerlas a quien es diferente, olvidando las buenas prácticas de los antiguos dominadores romanos. Esta violencia miope, parece recordarnos Bezerra, no podrá sino retorcerse contra quien la impone.

Es amarga esta revelación del autor de El señor Ye ama los dragones, pero nos recuerda inexorablemente que hay otros puntos de vista. Bajo la lente de la necesaria circularidad del tiempo que Occidente ha relegado al mito, olvidado y sepultado bajo la trayectoria de un progreso-flecha, todo corre y pasa y la esperanza ahora está en manos de la pequeña china Xiaomei.

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